La tredicesima
Esiste un diritto di massima alla tredicesima? E come viene trattata la «tredicesima» dal punto di vista fiscale e delle assicurazioni sociali?
In Svizzera, il divieto di concorrenza è regolato dall’articolo 340 segg. del Codice delle obbligazioni (CO). Di norma serve a proteggere il datore di lavoro dai danni economici che un lavoratore può causare attraverso un’attività concorrenziale.
Affinché un divieto di concorrenza sia legittimo, si devono verificare i seguenti presupposti:
Il divieto di concorrenza perde validità tre casi:
Il divieto di concorrenza può inoltre non essere valido se talmente esteso da corrispondere a un divieto di lavoro. Pertanto un divieto di concorrenza deve essere limitato in termini di luogo, tempo e oggetto.
La limitazione locale del divieto di concorrenza
La limitazione locale dipende dal settore. In linea di massima, un divieto di concorrenza nazionale o addirittura transfrontaliero è ammesso solo in casi eccezionali. Non si può comunque rendere impossibile al lavoratore di svolgere il proprio lavoro.
La limitazione temporale del divieto di concorrenza
Dal punto di vista temporale, i divieti di concorrenza vengono concordati di norma per un paio di mesi, fino a un massimo ditre anni. Dopo una disdetta, quindi, il lavoratore non può esercitare un’attività concorrenziale per un periodo di tempo limitato. Al lavoratore in questione non può essere impedito lo svolgimento dell’attività lucrativa futura.
La limitazione dell’oggetto
Per quanto riguarda l’oggetto è determinante l’attività concreta del lavoratore. Il divieto deve escludere che il lavoratore svolga il medesimo lavoro da un concorrente danneggiando così l’impresa per cui lavorava in precedenza. Tuttavia, se presso la concorrenza il lavoratore svolge un’attività diversa che non va a toccare comunque gli interessi della precedente impresa, il divieto di concorrenza non si può applicare. Che la nuova attività sia oggetto o meno del divieto deve essere sempre deciso caso per caso.
Entità eccessiva del divieto di concorrenza
Se il lavoratore reputa eccessivo il divieto di concorrenza può rivolgersi a un tribunale per una verifica. Secondo il suo giudizio il giudice può restringere un divieto eccessivo, tenendo conto di tutte le circostanze.
Violazione del divieto di concorrenza
Se il lavoratore infrange il divieto di concorrenza, è tenuto a risarcire al datore di lavoro il danno che ne deriva, a condizione che il datore di lavoro sia in grado di dimostrarlo. Il datore di lavoro deve inoltre dimostrare che il danno è derivato dalla violazione del divieto di concorrenza.
Regolamentazione speciale pena convenzionale
Se nel contratto di lavoro viene concordata una pena convenzionale, il datore di lavoro è esonerato dall’onere della prova per il danno. In questo caso non è dovuto il danno causato al datore di lavoro bensì la pena convenzionale concordata nel contratto di lavoro e il cui importo è chiaramente definito. Laddove il datore di lavoro sia in grado di dimostrare il danno subito, in aggiunta alla pena convenzionale può richiedere anche un risarcimento danni. Se non è stato concordato nient’altro, i datori di lavoro possono liberarsi dal divieto di concorrenza pagando la pena convenzionale. Tuttavia mantengono l’obbligo di risarcimento del danno. Nel caso in cui la pena convenzionale sia troppo alta, è possibile rivendicarne una riduzione presso il tribunale.
Regolamentazione speciale mediante adempimento reale
La misura più rigorosa per far rispettare il divieto di concorrenza è rappresentata dal cosiddetto adempimento reale. L’accordo deve essere stipulato dalle parti in forma scritta. Se è stato concordato l’adempimento reale, in caso di violazione del divieto di concorrenza il datore di lavoro può esigere la cessazione della situazione non conforme al contratto. In questo caso, però, le condizioni sono molto severe.
Da non confondere con il divieto di concorrenza: la clausola di astensione
Con la clausola di astensione si fa divieto ai lavoratori, in caso di un cambiamento di posto di lavoro o di passaggio ad attività indipendente, di acquisire attivamente dei clienti e di portarli con sé nella nuova impresa. Secondo il tribunale federale, l’ammissibilità e l’efficacia di un accordo relativo alla clausola di astensione si basano sulle disposizioni relative al divieto di concorrenza. Una clausola di astensione è quindi soggetta agli stessi requisiti del divieto di concorrenza.Tali divieti sono diffusi nei settori in cui sussiste un legame particolarmente stretto tra i collaboratori e i loro clienti, come ad esempio i negozi di parrucchiere o il ramo assicurativo.
Semplice informazione ai clienti
La semplice informazione del cliente da parte del collaboratore circa il suo cambiamento di posto di lavoro è uno degli argomenti oggetto di controverse discussioni. Il caso in cui, infatti, il cliente segue di propria spontanea volontà il collaboratore nel nuovo posto di lavoro, di norma non rientra nella clausola di astensione.